outsider

foto

”operai”

(Polaroid)

Mi ha mandato questa foto. È il ritratto di una voragine. La strada è saltata in aria per l’esplosione di condotte sotterranee trascurate da amministratori di nulla moralità. Si vede la terra bruna presumibilmente tiepida subito sotto l’asfalto gelato di dicembre. Si vede la cascata di fango illuminata dalle cellule fotoelettriche indispensabili agli operai che si affannano a fermare la perdita e bestemmiano di disperazione per tutto quel bendiddio che gli scorre tra le mani e resta sprecato e dissangua la città e non sarà più recuperato. È però anche la foto della voragine scavata da ogni evento di resurrezione. Mi pare che dia a chi la guarda l’accesso al sepolcro di un povero cristo. Un outsider uguale a noi. Come potessimo nuovamente metterci tutti in salvo. Come fossimo in grado di sbucare via dalla porta del nostro inferno terreno. Ed ho visto nello stesso tempo la foto medesima risorgere dall’inferno del lavoro operaio. È la foto di una profonda solidarietà. È l’istante in cui lui ha pensato a me di fronte a quella voragine. Sapeva di farmi felice. L’ho visto smettere un attimo di scavare per premere delicatamente l’otturatore che ho visto sottrarsi millimetrico e beffardo alle dita incallite che poi sono tornate a cavare via pietre triturate. L’ho pensato scansare il veleno della rabbia di fronte ai danni dell’incuria politica e amministrativa. Come aveva  trovato il tempo di distrarsi dalle pietre nel mandarmi la sua intera vita in quel tesoro mi sono chiesto addirittura commosso. E allora gli ho detto che forse non ero all’altezza di quella meraviglia che aveva salvata alla fatica.

“Non importa essere bravi ogni volta…” Mi ha risposto. “Non ho intenti didascalici. È per farmi vivo con te.”

“Farsi vivi con le mani e i pensieri salvati per chi si ama…” ho pensato.

E avrei voluto dirgli che avevo capito tutto e non avrei mai dimenticato. Poi me lo sono tenuto per me. Succede, per via del pudore. Si è conclusa cosi, senza questa promessa, la nostra conversazione.

Ma non è stata la fine di niente