Kiev
Al tavolo del bar mi dicesti gira voce hanno detto si dice che l’amore finisce non dura e che è un legno appuntito e fa male e io non ho saputo mai consolarti e da allora abbiamo vissuto con l’ansia che l’amore finisse sapendo che per noi sarebbe stato comunque troppo presto e quando questa cosa ci veniva in mente non dicevamo nulla ma si capiva che aver preso coscienza era un male irreparabile da come si annegavano gli occhi nel caffè e si inghiottivano in un sorso per levarci il pensiero e si restava ciechi le mani di vetro sul piano rotondo anche quello di vetro del bar e anche il bar improvvisamente diventava freddo e tasparente ma questo era prima perché ora si parla solo di quanto sono distanti i carri in un rincorrersi febbrile di voci che scandiscono cifre in calo per via che l’esercito nemico dai campi si dirige qua e la speranza di vita tra i tavoli del bar affollato di gente agguerrita si misura coi chilometri che dividono noi da loro e però questo pensiero non vogliamo togliercelo dalla mente perché ora la vita è nelle nostre mani e perché fa uno strano effetto accorgersi che tutto il tempo e lo spazio rimasti stanno concentrandosi in questi istanti tra i tavoli ed è in questa circostanza che hai alzato gli occhi mentre il frastuono infernale dei cingoli si mangiava l’aria sai che ti dico mi hai gridato in faccia forse è meglio così che finiamo prima noi dell’amore.
Poi il silenzio improvviso di un cane che abbaiava e si arresta.