il sogno del museo dov’era, tra mille altre cose, una tazza di caffè col tuo nome

il pensiero simbolico
Negli abbracci mi illudo di bloccarti. Poi da solo resto inerme al ricordo di te mentre la serpe si avvolge sul mio ventre.
Non mi fa più paura perché la serpe è delicatezza. È il ricordo di cose fisiche che mi hai fatto.
Anche nella esistenza più spirituale riceviamo cose materiali. Alla ricerca dell’amore assoluto abbiamo appassionate avventure somatiche.
Il freddo nevoso delle penitenze è l’erotismo di carezze brucianti. Dio è una passione algida. Aspirazione infernale ad un inferno rovesciato.
E noi che non volevamo essere santi abbiamo trasformato il piacere in abisso e il dolore in sublime anoressia.
È che l’intensita degli affetti corrisposti o trascurati cambia il nome delle cose e istituisce la via verso il pensiero simbolico.
C’è un museo nel mio sogno dove una tazza di caffè con una macchia di rossetto impresse sul bordo è contrassegnata con il tuo nome.