case mobili
Sei stata casa e pranzo alla terrazza del grattacielo. Io la fame notturna della tua carne. I morsi sulle labbra, geloso, se parlavi nei sogni. “Parla a un altro!” Pensavo, sconvolto dallo strambo appetitio dell’odio d’amore.
Fuori solamente scrivevo. Non altro. Fuggivo la città. La natura di cemento dei suoi abitanti.
Ammassavo il sangue nella caverna.
Ma in agosto, che è al cuore dell’anno, il cuore pose le sue riserve e il tempo, per settimane, prese forma di labirinto che celava il disappunto di una transizione che non si compiva.
Senza te ero fuori casa. Fuori casa ero metà di me.
Tu dal canto tuo fosti disabitata.
In più non t’aspettavi che la tua fame si sfamasse con la mia. Ti scopristi ingorda della mia ingordigia che t’era sottratta.
Fu allora che pensasti “Mai più”. Inutilmente perché la tua voce al telefono era bruno/cenere di passione.
Nel mio sogno “La Mesta Eccitata” splendeva nella decadenza di un restauro affrescato.
Sono tornato. La tenda di carbonio e fibra di vetro sulle spalle. Vieni quando vuoi. Ci metterò niente a tirar su paradiso e riparo.
E sarò io casa tua.
1 commento
Che bella questa!!