caravelle

8 Maggio 2019 Lascia il tuo commento

L’orgasmo continuava senza soluzione col ritmo atlantico.

Non si decideva ad assumere il normale andamento incalzante. Restava una blanda oscillazione.

Le caravelle sono barche lascive, si deve dire. Di una pigrizia esasperante nel procedere. Le più lascive, davvero. 

Ma le vedette, nervose, drogate dagli influssi lunari, si misero a gridare tutte insieme.

Avevano preso di mira la nuova terra.

Sotto gli scrosci dei loro richiami la navigazione naufragò nella confusa agitazione delle manovre di sbarco.

Lei piangeva: offesa da quella ‘distrazione’. Quell’America che s’era intromessa alla crociera del suo piacere. 

Io, dal canto mio: “Donne…” mormorai. 

E mi parve di aver liquidato dignitosamente la faccenda: dai suoi due lati di maschio e di soldato. 

Non poi così convinto, ora dico. Lo devo ammettere: per come poi si svolse la vicenda della colonizzazione.

Le dimensioni del continente non richiedevano infatti alcuna frenesia. Tanto meno quella di quel momento: di ebbri uomini lunatici. 

Vabbè: il rimandare di lei era, ora si mostra chiari, un preveggente opporsi a quella malaugurata furia.

Troppo ben celata, però, l’indicazione.

Le sue richieste, alla mia esperienza da bordello, apparvero più Mestiere che Magìa.

Questa fu ad ogni buon conto l’America al suo sorgere. Si deve sapere.

Seduzioni, moto di onde lunghe, una bellezza su cui naufragare. La vita sotto coperta.

Ma niente: alla fine tutto si infranse contro le corna del capitano che fui e che resto: una capra.

Silenzioso, brutale, arrogante, presi a colpire il tempo ripetitivo di lei per andare a pestare la riva.


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sappiamo bene, alla fine, a chi appartenere!

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