bolidi velocissimi in giro

7 Gennaio 2013 Lascia il tuo commento
CISITALIA-202-MM-spider-NUVOLARI

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Si misura la simultaneità del presente con eventi lontani così tanto da parere immutabili, cioè eterni. La costanza della qualità spaziale nel tempo è fondamentale per accordare i fenomeni transitori, cioè i fenomeni di piccola scala. Il rapporto spazio-tempo è dentro ogni oggetto grossolanamente materiale. Il rapporto materia/energia potrebbe già così essere un po’ più comprensibile. Il fenomeno delle misure di scala è interessante. Gli eventi cosmici paiono stabili a sufficienza per regolare orologi e longitudini. Cioè per misurare intervalli di tempo e di spazio.

Ma ciascuno di essi é assolutamente variabile e incerto: una stella è un caotico bracere di nuclei atomici in fusione. Un’eclissi è una massa fragorosa disordinatamente rotolante interposta allo scivolare silenzioso della luce da una stella ai nostri occhi. Non c’è pace nel mondo delle misurazioni: si tratta semmai di campagne di conquista per le avanzate della scienza. I numeri (i risultati) delle misure danno l’idea di oasi di pace. Abbiamo misure del mondo che proprio hanno pochissimo a che fare con la vita fisica dell’universo.

La sensazione è che soltanto le formule della fisica mantengano traccia delle azioni di misurazione. E=m.c(quadrato) è una macchina che sfrigola continuamente, o almeno una pietra irregolare che continuamente vibra, e vibra perché è ancora disposta a tutto: a raffreddarsi restando ferma come una morta, e a riscaldarsi quando, trasportata in alto, cade urlando nel buio. La fisica dice che forma massa e posizione delle cose ci promettono calori e colori differenti.

La fisica del pensiero è poesia dice “il calore è destino attuale”. Il pensiero sa giocare coi rimandi della scienza e scioglie enigmi. Riposati dalla fatica ci pare di fare altro dalla scienza di un attimo prima riferendo all’amico che siede davanti a noi la cena del sabato sera, che “… siamo pietre piene di dubbi lungo un sentiero sassoso di una mulattiera.” Lo diciamo sorridendo per suscitare in lui la sorpresa d’essere ancora insieme.

A poter togliere le presenze umane anche un ciottolo resta più o meno dove è a milioni di anni di distanza (ma non è solo una distanza è un tempo..) dall’esplosione di una stella. Anche un sassolino è eterno, cioè immobile -nella spazialità della propria posizione- abbastanza a lungo da poter essere preso come uno di due punti necessari a misurare intervalli: spazi e durate.

Ma, appunto, bisogna che non ci sia presenza umana che cammina andando su e giù in una frenesia di pensiero, agitata da impellenti domande. Perché il cammino del dubbio, del tormento, e della pretesa porta nel mondo velocità e accelerazione: conflitti nella relazione spazio/tempo nelle popolazioni umane e tra le schiere di pietre dei sentieri. E niente resta uguale tanto a lungo quanto sarebbe necessario per lasciarci fantasticare l’assoluto.

Assoluto è relazione tra spazio e tempo nel tempo zero: lo spazio diventa non sai che nella divisione di qualcosa per il niente. Il niente è un cerchietto vuoto sul foglio e la grafite della matita fa lo zero differente dal nulla. Nella mente può arrivare a indicare l’ irrealtà delle cose. Al punto assoluto la luce lanciata nello spazio copre il fragore della massa di pianeti e comete e materia oscura. All’assoluto la luce equivarrà al buio delle fibre intime della massa.

La vita fisica della visione è per la luce che attornia le cose, e i fenomeni di diffrazione circondano, con una linea sfrangiata, forma e sostanza. Le cose sono anche frange di meraviglia ai margini delle entità discrete. La diffrazione comunica mutevolezza e rapporti inesauribili tra masse ed energie. La realtà fisica della realtà è ( realtà di tutto ciò che è ) tutto ciò che si discosta dal niente. Le cose fisiche, una volta introdotta la legittimità della relatività, sono assai più imprecise di quanto si può definire dicendo che “le cose hanno gradi variabili di imperfezione“.

Soltanto le formule della fisica mantengono l’immagine delle forze in gioco che misuriamo: conservano rumore calore propulsione densità e luce. Le formule esprimono la realtà fin dove le masse si annientano verso il semplice movimento e calore e dovranno prendersi la responsabilità di essere balia di quei frutti. Avranno la potenza espressiva di proposizioni che, alla scoperta di Einstein, avremmo ritenuto essere provocazioni futuriste.

Il problema posto da Einstein è nella soluzione (!) posta da lui stesso. La scoperta costituisce l’estremamente umano, la sfida involontaria (in quanto inevitabile essa era addirittura necessaria) ad un tempo che è tutto il tempo prima del 1905 e dal 1905 si estende fino all’inizio che è il massimo del calore. (Oggi si estende fino al sorriso se penso che il massimo del calore era all’inizio e allora non è neanche l’inferno.)

Il 1905 l’immaginazione realizza che in un tempo assoluto la simultaneità non è garantita. Ci furono conseguenze sul linguaggio della scienza poiché due parole persero le cose che avrebbero dovuto designare, perché le due cose erano la stessa cosa. Lo spazio e il tempo sono una cosa sola. Una qualità sola. Un’unica realtà. Come era potuto durare l’equivoco di prima non si sa. Ma ora che non c’è più possiamo descrivere con esattezza l’affetto del viaggio e la psicologia degli emigranti.

Sappiamo come ogni volta viaggiando verso i nostri amori, sentiamo che lo spazio è ineludibile e la distanza che traversiamo a centotrenta all’ora è gelatina densa composta secondo una legge di inseparabilità: lo spazio è il tempo necessario a traversarlo. Il tempo del viaggio è asfalto scuro della strada. Abbiamo in mente, come una stella, l’immagine di chi è andato lontano, e misuriamo con quel riferimento la certezza di essere immersi nel mondo fisico delle distanze.

Le distanze misurano con generosa imprecisione la passione che ci anima. La diffrazione ha una figura anche psicologica dunque: è il fenomeno che si genera quando l’idea di lei nella mente tocca ed avvolge lo spazio della distanza che dobbiamo superare per portarla a niente, quella distanza, ed essere finalmente insieme. Il pensiero scientifico è l’affetto dell’intelligenza.

1905-1915: l’impossibilita di prescindere dalla velocità della luce (c) è perché la materia a quella velocità è incoerente, cioè non è più pensabile. La teoria, il pensiero scientifico cui i fisici sono arrivati, ha una massa le cui caratteristiche le impediscono di diventare infinita. Ad una velocità superiore a 300.000 km/secondo la massa dovrebbe diventarlo. Senza l’idea di massa noi non potremmo più pensare l’universo fisico.

La formula di Einstein definisce dunque sia la plausibilità dell’universo, sia la coesione e funzione del pensiero entro il quale noi realizziamo la coscienza del mondo. Non stabilisce soltanto una legge di coerenza ma anche una formula-limite di pensabilità. La scienza si trova spudoratamente a doversi occupare di salvaguardare la sussistenza della mente mentre ne estende con decisione gli ambiti di competenza fino ai limiti del mondo (del tempo.. è la stessa cosa come si intuisce).

Il limite di Einstein entro il quale tutto è relativo è la velocità di 300.000 chilometri per secondo. Limite espresso con la formula di una velocità cioè di una relazione tra lo spazio che sembra essere prevalentemente realtà discreta, ed il tempo che evidentemente è un elemento costitutivo della funzione mentale: una volta stabilito il limite di velocità non è smentita la coesistenza dei fenomeni ma è stabilito il prezzo della conoscenza: che è la rinuncia alla inalterabilità.

Cioè, per quanto so pensare: se gli eventi sono coesistenti ci saranno conseguenze sulle cose. Se la velocità della luce va rispettata si dilatano i tempi e si accorciano le estensioni. Se il pensiero vuol restare consistente per garantire la conoscenza (relazione tra la realtà e la vita mentale) l’invarianza del mondio non conta più di tanto come garanzia di senso. Cambio nel tempo che impiego a venire da te cambio e dunque neanche tu sarai la stessa.

Portiamo il patrimonio di una formula ereditata a chi è andato oltre mare. Al telefono la loro voce arriva vibrante e dice cose adorate: ma è dura distanza e le voci non si accarezzano: lo spazio non sarebbe niente, perché li amiamo. E’ che quello spazio è anche tutto il tempo che ci vuole per arrivare fino là per dire a ciascuno di loro ” tu mio grande amore“. Le parole (la parola amore  più di tutte) hanno conseguenze sul mondo e sul pensiero.

Einstein ebbe burrascosi amori e nel 1905 ebbe il suo anno mirabile e nel 1915 propose di portare la teoria (il pensiero e la certezza) della relatività ristretta (di dieci anni prima) nel mondo della velocità e disegnò l’universo come un luna-park. Noi continuamente cadiamo, correndo sul margine di avvallamenti. Se non proprio noi i nostri pensieri cadono: essi infatti sono rapidi come raggi luminosi.

1905…1915…noi siamo quasi nulla cambiati, nel frattempo, e, nel frattempo, solo abbiamo scoperto che il tempo è calore e il pensiero è tempo di un raffreddamento intelligente. L’assoluto di prima sta in fondo, dove non serve più: dopo non esser servito mai. Non è il fine ultimo ma solo la fine. È l’artificio di un “Basta!” : un bagliore deludente.

Il tempo è generato nel calore. Noi, raffreddandoci ogni volta di quasi niente, ogni volta sappiamo le cose. E muovendoci verso chi è apparso all’angolo per poi sfuggire alla vista, produciamo un calore che ci toglie il tempo corrispondente all’energia del movimento, si è vero, però ci avvicina di un poco agli altri.

E alla fine, come sempre, arriverò da te più vivo che mai, e tu non credermi quando dirò che “… muoio per te !!! ” perché è un modo di dire l’amore. D’altra parte, se non ci fosse la relazione di affetto imperativo che vuole la simultaneità impossibile, non ci sarebbero bolidi in giro: che sfrecciano velocissimi. E non ci sarebbero i sentimenti che diventano grandi nell’attesa….


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