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23 Ottobre 2010 Lascia il tuo commento

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Blank dice che per amare le donne bisogna imparare da Amedeo e per conoscerle da Pablo.

C’è un segreto nei nudi di Modigliani, come un suo segreto modo d’amare la figura femminile:  così mi misi a copiare per capirci qualcosa. Pensavo che ricreare le linee era ricreare un intero ‘comportamento’ e non soltanto il movimento della mano. Pensavo che a partire dal movimento della mano potevo ricomporre la vita mentale attorno all’asse delle linee curve del disegno.

Mi veniva in mente la necessità di un azione sistematica, il chiarimento di una procedura – avrebbe detto una persona che conosco -. Bisognava poter esprimere una successione in due tempi: l’attività volontaria cosciente e le sue conseguenze inverse.

L’attività volontaria cosciente – dunque – fa la contrazione dei muscoli del braccio e della mano, costringe ad una postura adatta a trovare la distanza dal disegno da copiare e da eseguire, poi fa flettere gli arti, fa inclinare d’un certo angolo la testa, modula la tensione dei muscoli del dorso e attiva – come mi accorsi quasi subito – la contrazione degli addominali. E’ una attività motoria cosciente e volontaria adatta alla battaglia del movimento del corpo contro l’inerzia indifferente dell’aria intorno.

Le sue conseguenze inverse possono essere raccontate più o meno così.
Una attività che cosciente non è e neanche volontaria dunque, che non è ‘pensiero’ che è ancora, per adesso, sottile biologia, polvere velocissima di materia, che ha natura di profumo dell’aria della periferia del mondo subito attorno a noi. Questa attività, per impalpabili correnti inverse di feedback, modifica continuamente la realtà del movimento medesimo perché ne ridefinisce e ne modula le gradazioni. Questa attività farebbe, semplicemente, aggiustamenti.

Ma….!  (questo è quello che conta!): questi aggiustamenti sono delicatissimi e decisivi per l’armonia del sorriso. In più hanno natura di non poter essere a loro volta regolati e sono per questo detti involontari. Essi, così come son fatti, sfumano la globalità della coscienza dell’atto volontario. Mettono – felicemente – in dubbio l’azione cosciente, in ogni momento, facendo così scaturire la fluidità  e l’irrepetibilità delle carezze dei nostri amanti, della mimica degli attori che preferiamo, la voce di Caruso,  il miracolo ripetuto di Miles Davies, il silenzio ineccepibile della notte scorsa prima di questo sole.

Ripropongo l’idea di due ‘atti’: l’atto della volontà che va verso il mondo esterno che produce una complessità di eventi a cascata cioè il movimento evidente, e quello di aggiustamento che ricade all’interno sotto forma di informazioni dello stato del movimento, della condizione generale dello scontro.

Ora anche solo a partire da qui potrebbe scaturire il pensiero sulla natura umana come costanza di eventi inversi non antagonisti.

Così fummo in grado di non limitarci mai al sapere – sterile – di esser ciechi e sordi: noi siamo quello che siamo per aver sempre voluto narrare – anche – tutto ciò che vedemmo svolgersi alla luce della nostra cecità e per aver preteso di raccontare con parole il timbro e il suono di quel muto orchestrare di una mente imperfettissima.

Pensiero: descrizione ogni volta ma una volta per tutte di ogni frazione di tempo.
Sui margini del movimento, racconto possibilissimo, si innalza la narrazione fiabesca della conquista del mondo ulteriore e ‘indicibile’.

Territori sempre più ampi dilagano via dall’impero della coscienza ai margini esterni del movimento che ha un suo fine: l’avanguardia avanzante del movimento osservabile, l’avanguardia eccitata del riso allegro del re, che vince fendendo con braccia e mani e gesti chiari l’aria intorno,  provoca – lievi e invisibili – altrettanto scanzonate fughe. Metafore d’incoscienza efficace, di dignitosa ignoranza,  di un non saper che accade che è tuttavia una forma della conoscenza di sè.

Ai margini, l’area estesa dei dominii imperiali, si copre di dati che la coscienza non arriva a abbracciare. Nella guerra del movimento – che s’appropria consapevolmente della libertà concessa dal vuoto e dallo spazio amorfo nella prossimità del corpo – il vincitore viene vinto a sua volta senza cadere, senza soccombere. Anzi, quasi fosse smemorato, poco a poco, in quel soccombere scopre un modo che non è nè perdita nè sconfitta.
Muto incede dimenticando d’aver voluto, mentre la conquista dei margini, a scapito della coscienza, fa la gioia della vita mentale che trova una sua  libertà aggregando il pensiero attorno alle linee del disegno che, lentamente, si forma sul foglio.
Pensavo: come a tenere insieme – con il corpo – la traccia della figura quando uno si distrae dal disegno da copiare per riprodurre le linee sul foglio. Quando ha a disposizione solo la memoria di quanto appena visto, perché quanto appena visto è sparito dalla percezione degli occhi che adesso, per riprodurre il disegno, guardano il foglio bianco di fronte.

Pensavo che quel flusso di correnti, che ridispone ogni istante i muscoli all’azione di disegnare, diventa a tutti gli effetti pensiero. E siccome nasce da una involontarietà è un pensiero diverso, da quello che aveva mosso il movimento iniziale. E’ diverso ma non si oppone.

Ora penso solo questo: diverso che non si oppone ed é forse, anche, conoscenza.
Tento di disegnare le linee dolcissime che rintraccino sui fogli il corpo delle figure nude di Modigliani: la conoscenza è un pensiero ‘diverso’ dalla coscienza.
La conoscenza non è coscienza.
La mano tenta la linea del volto che è un’ellisse strepitosa, del collo che è ‘Modigliani’ e che, dopo aver trovato la linea della spalla, si inarca lieve per segnare il seno, poi scivola verso l’arco fragile delle costole e quello regale del ventre e fa l’altra curva quasi definitiva dei fianchi per fermarsi – incerta – al margine sinistro del foglio.


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Thomas Bernhard "Antichi Maestri"
il confine del mondo

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