quello che varia

26 Gennaio 2013 Lascia il tuo commento

Leggendo in giro ho trovato questo articolo, tra i tantissimi che esprimono, per scoperte successive, la strada verso l’amicizia definitiva tra biologia e pensiero, l’origine materiale della vita mentale, il tramonto del dualismo oppositivo, la possibile soluzione di una dicotomia. La cultura è attività umana operante, è un agente con effetti di modulazione su organizzazioni anatomo-biologiche, che forse possiamo definire come funzioni. Le funzioni sono abilità. Gli esseri umani hanno abilità definite e specifiche. Quelle abilità sono segni di irreversibilità, che ci contraddistinguono. In questo mondo -ben protetto dalla esatta definizione delle abilità di cui ogni specie è proprietaria- è evidente la sterilità di certe opposizioni di principio, che sono contrapposizioni dicotomiche. A lungo, ma transitoriamente, le ipotesi teoriche possono differire: poi sempre si accordano su conclusioni, che sono scoperte ulteriori. A tener presente questo dato, l’eccesso polemico è un atteggiamento psicologico dei ricercatori e degli scienziati. Il benessere personale e la nettezza delle motivazioni sono indispensabili agli scienziati, per muoversi lungo la tessitura neurale altrui. La trama di quella tessitura è l’altrui pensiero. Esso è la funzione variabile alla base di inconscio, coscienza e comportamenti.

Anche l’idea della necessità di benessere personale, e di nettezza delle motivazioni degli scienziati, non è che il pensiero (mio), che debba esistere un certo schema sinaptico, nel labirinto scintillante di arazzi neuronali che costituiscono, in suggestive stratificazioni, la materia cerebrale dei ricercatori. Un articolato ricamo si genera durante l’attività mentale, e continuamente si trasforma, nella realtà materiale, sotto l’influenza su di essa delle nostre culture individuali. Accade mentre esploriamo le funzioni corrispondenti al benessere personale e alla nettezza delle motivazioni di esseri umani della nostra specie (gli altri). Gli scienziati sanno dell’azione della cultura e dei suoi effetti di modulazione sulle loro medesime organizzazioni anatomo-biologiche, corrispondenti alle funzioni del loro pensiero. Lo sanno: ma non riescono ad averne coscienza. Non hanno coscienza di quanto sta avvenendo in loro, seppure siano certi che in loro tantissimo avviene che essi stessi chiamano la loro identità. Ma essa, che è la possibilità della loro intera vita non confusa, è anche un limite fisico alla loro capacità di conoscenza di sé.

Allora scelgono di osservare i fenomeni oggettivi della funzione cerebrale negli altri. Scelgono di indagare coscienza inconscio e comportamento altrui. Lo fanno attraverso  denominazioni lessicali, attraverso la ricerca di certe parole, poiché sono le parole la misurazione esatta di quanto deriva come linguaggio, comportamento, pensieri coscienti e sogni, dagli accadimenti biochimici: le parole rivelano le variazioni della trama sinaptica degli altri. I cercatori dei fenomeni della vita mentale scrivono, con le parole piu adatte che riescono a trovare, le modulazioni emotive che essi riscontrano nelle emozioni e nei comportamenti altrui, che corrispondono a schemi funzionali: una volta fatto questo possono finalmente riportare il materiale del loro studio, a dati corrispondenti di chimica e di biologia, di elettrostimolazione e di secrezione neuroormonale.

Poi aggiungono altri segni, altre misurazioni sottili, altre parole: esse devono differire dalle parole precedenti, dire differenze rilevanti dai risultati delle ricerche prima esperite. Così gli scienziati potranno ulteriormente separare e scegliere. Gli scienziati e i ricercatori, con questo modo di progredire, con questo metodo delle parole, nominano gli affetti e diventano certi di quello che accade nella vita materiale della mente. Essi dicono che c’è una origine materiale del pensiero. Essa si rispecchia nei segni pittorici e grafici della scrittura. Gli scienziati stessi, a loro volta, somigliano ai poeti: con quella loro strana certezza che c’è una rigorosa corrispondenza tra schemi anatomo/formali e scienza dei sentimenti

Così possiamo scorrere, senza paura di approssimazioni sentimentali, le parole della poesia della diagnosi della psicologia evolutiva. Enumerare le proprietà specifiche della specie umana: scrittura, lettura, comprensione e generazione dei segni, somiglianza, differenza, accordo. Possiamo cogliere, nell’ambito di un uguale patrimonio specie/specifico, l’alterazione della funzione: essa corrisponde ad un degrado dei toni affettivi delle parole. Il degrado è inteso quando le parole scivolano verso il freddo. Il freddo si pone all’opposto del calore, che è alla base delle funzioni che generano i legami. Il calore è per l’agitazione d’amore.

Forse c’è una eccitazione nella attività fisica delle particelle, in certe aree cerebrali, quando proviamo investimento e desiderio. Ma come si passa dalla diversità senza malattia, dalla separazione senza controllo -al loro opposto: la diseguaglianza senza interesse, l’uguaglianza senza simpatia, l’identificazione senza amore, la sostituzione piena di odio? E come indagare sull’altra parte della ricerca: quale deve essere la funzione, la tessitura neuronale nello scienziato, che gli assicuri pensieri chiari e sapienza di distinguere? E’ nella competenza linguistica l’evidenza della acquisizione della sensibilità e della conoscenza del ricercatore?

La diagnosi ha una qualità di valutazione esatta in termini psicologici. Quando si parla di dicotomia, rabbia, disaccordo, biasimo, isolamento aggressivo, ritirarsi disprezzante, autoreferenzialità…. Sono alcuni dei meccanismi di difesa di un rapporto infelice.

Il pensiero dei ricercatori deve ideare ipotesi di azioni dentro l’architettura fisico-chimica della biologia cerebrale. L’immaginazione deve essere in grado di pensare un accordo possibile: tra psichiatria e scienze umanistiche, tra azione fisica della lettura e della scrittura, tra azione invisibile del pensiero e le nostre consapevoli intenzioni d’amore. Tra le nostre intenzioni d’amore e la concessione di una nostra iniziativa alla ricerca degli affetti dell’altro per noi. Un giorno transfert e contro/transfert, i difficilissimi termini di una relazione, che non si lascia mai indirizzare precisamente secondo utilità efficienza e ragionevolezza, si comporranno. Quando avremo ammesso che, nella genesi materiale del pensiero, sta la probabilità di immaginare una realtà umana per adesso inesistente. Un sasso colorato abbiamo lanciato nel cielo, ed esso non cade più. Sta finalmente colorando tutto ciò che eravamo certi di non riuscire ad immaginare. Il sasso lanciato nel cielo colora gli abissi sopra di noi dei toni caldi e densi della nostra incoscienza.

Il cervello e la lettura, un meccanismo universale (“Le Scienze”- edizione italiana – gennaio 2013)

 

“Che si abbia a che fare con parole scritte in alfabeto latino oppure con gli ideogrammi tipici del cinese o del giapponese, leggere coinvolge due sistemi cerebrali universali, a prescindere dalla cultura a cui si appartiene. A scoprirlo è uno studio condotto da ricercatori dell’Institut National de la Santé et de la Recherche Médicale (INSERM) francese, dell’Université Paris XI e dell’Accademia delle Scienze di Taiwan, che ne riferiscono in un articolo a prima firma Kimihiro Nakamura pubblicato su “Proceedings of the National Academy of Sciences”.

La padronanza del linguaggio scritto non è un’abilità innata ma dipende dalla capacità, mediata dall’educazione, di apprendere regole che collegano codici scritti, suoni e significati delle parole. A livello neuronale, imparare queste regole comporta alcuni cambiamenti strutturali e funzionali, soprattutto nell’area della corteccia visiva ma anche in altre regioni del cervello. La nostra capacità di risposta efficiente viene tarata su una specifica modalità di scrittura.

Che i circuiti attivati dalla lettura di un sistema di scrittura squisitamente fonologico (come quello dell’alfabeto latino) e da uno ideografico (più legato a un elemento pittografico) fossero gli stessi non era scontato. Studi su soggetti orientali normali e dislessici, infatti, avevano indotto alcuni ricercatori a ipotizzare che la lettura dei sistemi di scrittura dotati di una complessità visiva elevata – come il cinese – non attivasse le aree della classica rete di circuiti dell’emisfero sinistro coinvolti nella lettura alfabetica, ma altre regioni situate in particolare nella corteccia premotoria. Questo a causa dell’importanza dell’esperienza cinestetica nell’apprendimento degli ideogrammi mentre vengono scritti.

Nakamura e colleghi hanno sottoposto due gruppi di volontari di madrelingua, rispettivamente francese e cinese, a scansioni di risonanza magnetica funzionale mentre erano impegnati in un compito di lettura e interpretazione semantica. Per determinare quali aspetti della lettura fossero specificamente legati alla cultura e quali no, i testi sono stati presentati ai soggetti in differenti modi: normale, in corsivo, statici, in movimento, distorti e rovesciati. L’analisi dei dati di neuroimaging ha rivelato che, durante la lettura, sia nei soggetti francesi che in quelli cinesi, si attivano due regioni cerebrali distinte, associate rispettivamente al riconoscimento delle forme visive e alla decodifica dei movimenti. La differenza è che quest’ultima regione ha mostrato una maggiore attivazione nei cinesi quando si tratta di leggere parole in movimento.

La mobilitazione della memoria motoria della scrittura non è quindi una specifica componente della lettura ideografica e logografica, ma è presente anche nella lettura dei sistemi alfabetici. In tutte le culture, anche molto diverse, la rete neuronale matura, deputata alla lettura, comprende sia un sistema di analisi visiva della forma (in primo luogo la cosiddetta area VWFA), sia un sistema di decodifica del gesto motorio associato alla scrittura. Quello che varia da una cultura all’altra, concludono i ricercatori, è solamente la modulazione dell’intensità relativa di attivazione fra i due tipi di circuiti.”


PER ESEMPIO
il tempo e la comprensione delle ricerche e delle scoperte altrui

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