porta rose la scienza

30 Gennaio 2013 Lascia il tuo commento
jan e sarah saudek - allegorie dell'umanita

Jan e Sarah Saudek – Allegorie dell’Umanità – qui

Lunedi 28 Gennaio, verso le tre e un quarto, finivo di scrivere queste mie perplessità. “La domanda è: cosa succede nei punti in cui ci sono forzature formali grazie alle quali lo spazio assume qualità imprevedibili? Quale è la funzione del pensiero corrispondente? E’ quello il grado necessario di regressione, di immaginazione, per realizzare l’idea di quanto ancora non c’é? Allora l’invisibile è il non immaginabile…

L’articolo era intitolato “La verità sta sul limite?” e lo avevo preso dal titolo di un libro che non ho letto e che non conosco ancora. Avevo colto la suggestione che si riferisce al calcolo infinitesimale. Perché la descrizione del moto, (delle sue qualità), quando se ne indaga la natura mentre esso (il moto) accade, è uno di quegli argomenti (argomenti ‘limite’ di fatto) che sono un ottimo terreno per l’indagine del pensiero non  convenzionale. (Era per studiare il versante strano del pensiero, però dalla parte della sua massima espressione di integrità. L’integrità del pensiero non è una metafora letteraria: essa sta all’opposto della improduttività e disgregazione della pazzia).

Perplessità degli ignoranti di fronte alle ovvie conclusioni della topologia. Certe ‘figure’ non sono figure, perché sono esclusivamente idee di possibilità, non essendo mai state percepite nella realtà esterna. Nascono nel corso di un processo interrogativo nella mente. Non indago le motivazioni, ma le funzioni. La motivazione è certamente una funzione, ma decido di escludere ogni grado di feed-back che arresta la ricerca su un circuito ossessivo.

Usavo due espressioni: -una diceva de “la funzione del pensiero corrispondente a certi punti” della discussione che, nel campo della topologia sono, per esempio, quando si decide di piegare di centoottanta gradi la superficie della strisciolina di carta per ottenere l’anello di Moebius. O quando si esercitano azioni sulla superficie di un quadrato che diventa un cilindro e poi azioni su quel cilindro che diventa una superficie (bottiglia) di Klein. (vedi qui la bella trattazione relativa)

Intendevo dunque esprimere un legame essenziale tra azione sulle superfici e funzione del pensiero.

La funzione del pensiero, in quel caso, è una azione su una superficie. (L’azione del pensiero sul pensiero di una superficie). Quella azione, ed altre di quello stesso genere, (qui ci serve il riferimento alla topologia) sono capacità di immaginare certe qualità dello spazio che è una realtà (fisica) non percepibile dal nostro apparato sensoriale. La realtà fisica in questione è espressa nella forma verbale di: spazio quadrimensionale. E nella forma grafica (o devo dire pittografica o ideografica) di: R4.

Procedendo: quelle possibilità, generalmente dette di astrazione, sono espressione di regressione verso vitalità e azione del pensiero. L’astrazione implica una regressione carnale. La scienza, che si occupa di realtà fisiche non percepibili, implica (necessita, addirittura, de) la conoscenza della teoria della nascita: l’io alla nascita ha il massimo grado, seppure indifferenziato (potenziale) di capacità di immaginare. (IDMEC)

La regressione consente e misura i gradi di libertà dell’immaginazione. Si può distinguere tra la fantasia dello scienziato e la fantasticheria della persona confusa. Trovare un contenuto di realtà all’io della nascita implica riconoscere, nella grafica della scrittura che lo esprime, una azione del pensiero secondo una ulteriore ‘ovvietà’.

Chiameremo ovvietà decisive quelle azioni del pensiero che si effettuano, o ci viene chiesto di immaginare che si possano effettuare, per ottenere certi tipi di superfici topologiche. La scienza ci chiede di riuscire ad immaginare quei modi (quelle azioni). Per esempio, ci chiede di esercitare a nostra volta, come gli scienziati, una azione –del tutto inutile dal nostro punto di vista!- di rotazione di 180° di una striscia di carta, lungo uno dei suoi assi longitudinali….

Tali azioni, ovvie secondo certi modi di immaginare la realtà non percepita, determinano poi una discontinuità nella idea che avevamo sempre avuta della natura. Così altre azioni decisive del pensiero, poste lungo l’asse storico dell’embriogenesi, pongono la nascita (dell’attività mentale) umana, alla fine del parto: quando avviene l’attivazione del pensiero per stimolazione luminosa della retina. Tale azioni del pensiero teorico determinò, nel 1970, una discontinuità nella idea di natura umana.

Ma, qui, cioè su queste pagine del tutto posteriori e amorosamente inattualialtro prende il sopravvento. Perché sono arrivate le parole di due donne in risposta all’articolo. Esse hanno -delle donne- la pazienza critica verso l’approssimazione delle altrui (mie) domande. Le domande erano per l’impulsività del desiderio di capire. Le lettere di Anna e di Lori coniugano la scienza a riflessioni quasi conclusive sui loro rapporti d’amore e, a me pare che poi, uniscano a questo certi pensieri della loro cittadinanza nella ricerca. E questa è una questione ‘politica’.

Esse chiariscono: 1) che ho erroneamente usato il termine sforzo, che non c’è, mi viene detto sorridendo, perché lo sforzo è solo un difetto di comprensione per scarsa capacità di tornare all’io del neonato. E: 2) che l’entropia è per la legge di conservazione dell’energia nei sistemi chiusi. Ma per fortuna, esse dicono, non esistono questi sistemi poiché siamo animali sociali sessuati.

L’idea che sviluppo, in relazione alla validità delle osservazioni che mi fanno, è che, per davvero, troppo facilmente mi lascio sedurre, lascio dipendere la legittimità del mio pensiero dai fiori. Dalla maggiore o minore consistenza dei mazzi di rose. Cerco di spiegare: vive, nel fondo delle convinzioni acquisite, l’idea che si sia giustificati dai balconi pieni di rose. Poiché porta rose la scienza, e porta rose la parvenza di aver capito, io ho la fretta per il colore rosso contro il cielo. E dico quello che dico.

Anche quando tutto va benissimo, forse c’è l’idea di non essere stato amato mai. O l’altra idea in contrasto con la prima, che l’amore sia stato ricevuto senza merito. Essa sarebbe venuta per via che l’amore fu dato male. Non è una idea cosciente, e fa sbagliare la scelta delle parole per le cose. Impedisce di differenziare la stanchezza di essere sfruttati, dallo sforzo per il compimento di un lavoro, dalla forza dell’intelligenza per la continuità di una ricerca.

Ed ecco quanto accennato nella sua forma chiara.

Lunedì 28.01. alle 15 e 30 scrivevo in nota all’articolo La Verità sta sul Limite?…. cosa succede nei punti in cui ci sono forzature formali grazie alle quali lo spazio assume qualità imprevedibili? Quale è la funzione del pensiero corrispondente? E’ quello il grado necessario di regressione, di immaginazione, per realizzare l’idea di quanto ancora non c’é? Allora l’invisibile è il non immaginabile…

Alle 23.21 Lori risponde: “Dobbiamo necessariamente partire dalla Tecnica: la superficie (Fläche) di Kelin è uno spazio topologico di un quadrato, dove abbiamo una funzione iniettiva che trasporta elementi del dominio in elementi distinti del codominio, ma questo avviene solo localmente, a livello globale le circonferenze si sovrappongono. 
Il problema è l’iniettività, l’uomo occidentale ama pensare lineare: A va in B in modo distinto ed iniettivo, in realtà non siamo mai la stessa cosa localmente, ma globalmente siamo una unità.
 Non ci sono forzature formali, lo spazio assume qualità imprevedibili solo nello spazio tridimensionale, tutto è già presente, ma bisogna passare a dimensioni superiori a tre.
 Niente è invisibile, perchè tutto è immaginabile.
 Nel rapporto uomo donna quante dimensioni sono coinvolte? 
Esiste un bordo, esiste un dentro ed un fuori?
 Possiamo pensare ad entità sovrapposte e sovrapponibili ? ”

Il 29.01.2013 alle 20.32 Anna scrive “E se l’invisibile fosse l’immagine di quanto sappiamo che ci manca? Capacità di immaginare una distorsione dello spazio materiale e qualità specifiche per punti che ci incuriosiscono, pensiero di luoghi geometrici su ‘n’ dimensioni. L’equilibrio termico (o termodinamico) esiste limitatamente ad un sistema chiuso, tagliando fuori la miriade di eventi che potrebbero in qualche misura influirvi, generando il continuo spostamento del sistema nel tempo alla ricerca di nuovi equilibri…come una roccia rotolante (“Like a Rolling Stone!).
Ma per fortuna l’uomo non è un sistema chiuso, è un animale sociale…

Fino a qui i ‘fatti’. Adesso: so che la mia sussistenza, la legittimità del mio pensiero, era sempre dipesa dai fiori. Dalla maggiore o minore consistenza dei mazzi di rose. Ma sbagliavo. Sbagliavo, perché vive, nel fondo delle convinzioni acquisite, l’idea che si sia amati solo su balconi pieni di rose. Che si debba essere amati per farci nascere dopo essere venuti al mondo. Ma non si potrebbe stare al mondo senza una identità di immagine personale ‘prima‘. Prima dell’arrivo delle rose lungo le scale d’accesso al sole. La scienza porta rose al soggetto che può capire.

Adesso che ho meno bisogno so che c’è una relazione tra: 1) la possibilità di immaginare una realtà fisica non percepibile, 2) la necessità di una giustizia che vada nella direzione di riequilibrare le distribuzioni di ricchezze e opportunità, 3) lo stare insieme senza bisogno di una direzione che costa il freddo del calore che si consuma, 4) il fatto certo che la libertà ha qualità ancora ignote.

Poiché porta rose la parvenza profumata di aver capito, io mi confondevo. Confondevo la scienza difficile con il seno di una ragazza estremamente persuasiva.

Note (*) (Il nome Bottiglia di Klein pare essere nato da una traduzione errata del termine tedesco Fläche che significa superficie: questo è stato confuso con la parola Flasche che significa bottiglia. Ciò nonostante, il nome è considerato corretto anche in tedesco). vedi qui la bella trattazione relativa


nutella e lavanda
la verità sta sul limite?

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