non consolarsi

6 Giugno 2016 Lascia il tuo commento

Beati siano coloro che partono e ci regalano il ricordo di questa dolorosa libertà. Loro è tutta la generosità. Restando privi di noi, e dio sa che non avrebbero voluto, fosse facile la vita, si alzano sopra i tetti col fumo dei prati umidi di pioggia e insieme, se vorremo, si potrà soltanto, che non è poi tanto poco, misurare l’arco lungo del filo che ci tiene. Il filo invisibile tiene come si deve loro e noi per tutto il tempo che sarà necessario e le volte che un modesto incremento della distanza stirerà  la lenza provocando un grande dolore sapremo che il capo giusto del filo è laggiù dove l’amore è andato a cacciarsi. Così cucinati a dovere si vede bene com’è che la passione non sappia proprio essere desiderio. Che il desiderio è un lusso da perditempo. E che la passione è esser presi e patire sottomessi a distanze che noi non decidiamo e a durate di conseguenza non misurabili. E che per quel che se ne sa tutto questo pare che non debba finire mai.

In tale condizione di spirito ci lascia chi parte: e noi vediamo le cose da dire che crescono e crescono senza fine. Passano i giorni in questa dolorosa libertà e quando scende la notte, sull’apice della punta di pietra di una freccia preistorica, il dolore si arresta e noi scivoliamo nel sonno.

E nel sogno eri vicina ma io non ti ho trattenuto. Ti spingevo piano verso il lato azzurro del palcoscenico:

“Adesso vai pure. Non è prevedibile il momento in cui sarò contento di stare senza te.”


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sei tu, in ogni caso lei
narcisismo neonatale o forse intransigenza

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