indulgenza plenaria

Bisognerebbe che si facessero gesti d’amore prima che diventassero indicazioni terapeutiche del tuo psichiatra.

Sicché, se proprio non si può fare altrimenti, mi applico. A evitare il manicomio. Parola eccessiva. Ma la vita ci fa diventar matti. Tra dolcezze e obblighi.

Un caffè laggiù? Si dolcezza. E io corro da te. Che potenza di richiesta. Sarò tutto la mia ferma intenzione.

Si amore. Un po’ fuori norma il fuori città. Ma ci vengo. E sfreccio per fermare il tempo. Risacca. Mare bianco.

Stringhe al vento i capelli annodati. È il pensiero che corre sulla spiaggia. Sono orme fugaci e piccole enormità quotidiane.

Il mio respiro fluente. Gli accordi tra due sensuali volontà . La facilità di un consenso. Respirare. Più ancora: essere respirato.

È una gran cosa esaudire gli inizi. La dieta terapeutica. Ordini scambiati. Fare colazione risucchiati in uno sguardo.

Le crociate. Gerusalemme. Alle spalle la potente promessa di perdono. Paradisiache indulgenze sono promesse agli amorosi guerrieri.

Per te e me è rete di piccoli scambi. Economia di sciame. Preghiera di un matto. Ti piaccia signora indulgere ancora.

È questa azione precisamente umana che compio dalla mia parte di strada. Per quello che è possibile. Arrivare. Deporre le armi. Girare il caffè.

L’ansia circola in diluizioni differenti. Ma sempre sei tu. Inchiostro sangue miele. Senso e pudori. Idee in movimento. Ti imponi. 

Uscita dal nulla. Questo fai: di mancarmi.

Mentre arrivo. So che non si sceglie. Il tempo si contrae. Tutto è possibile. Anche oggi. Che è una goccia di sudore.

In religioso mutismo il primo sguardo è un peccato di desideri inenarrabili. Letteratura e vita.

Silenzio e soddisfazione di essere da te erigono la città di stamani.

Architetto celeste o tecnico delle luci, secondo come mi guardi.

Ma sempre mi domando, in queste lunghissime colazioni, nel pieno orchestrale di una overture di un giorno che non conterà più niente appena vai via, quale sia il divario tra una promessa e una preghiera.

“…buongiorno!”