usi e costumi
120 giorni e un chicco di riso.* Prima dieta ancora tra le tue braccia. Digestione felice. Il chicco è un fiocco di neve che scende alla finestra. Le labbra al giorno. La neve in gola.
Schiere di divinità (montane palustri marine o dei campi, coltivati e no) si incarnano in noi. Sono dèi di coste insenature e valli. Intere genealogie di perfetti abitanti i territori sotto il nostro cielo popolano anche noi.
La notte si scambiano le figure rotolando nei letti. Il silenzioso trasloco genera i sogni. Si è infastiditi o terrorizzati d’essere lasciati o invasi. Si è abbelliti e rasserenati dei nuovi ospiti. Spesso confusi per troppo ruzzolare degli spiriti.
Il vento, gli aghi di ghiaccio, l’umidità, il calore eccessivo agitano loro e noi. Al risveglio le loro masserizie ci si mischiano in cuore e il riso del balordo resta con la severità di divinita minori ma assai rigorose.
Il mondo di sempre allora appare strano.
Gli interpreti, sotto l’insegna del cucchiaio (la misura) ai crocevia, su panche di legno ci prendono le mani tra le loro. Tentennando il capo in modi differenti suggeriscono se sia pericolo o sospetto o malanimo. O saggezza in troppo anticipo. O maestrale buono. Non delirio: solo vento nei capelli.
Ogni giorno comincia, necessariamente, mani nelle mani. Poiché sconosciuti a noi stessi per gli spiriti invadenti, solo altri sconosciuti hanno la pietà per vedere i volti di chi ci possiede.
A me, sei sempre tu dietro ogni variazione. Dicono i vecchi che vivo a causa tua. Ma è il chicco di riso. La neve in gola. Le labbra e la luce.
Tu sei il sogno di un giorno diventato noi.
nota (*) in riferimento a “La vita quotidiana in Giappone al tempo dei Samurai. Quando l’onore incontra l’avventura” – Louis Frederic – BUR ediz. gennaio 2018 – pag. 41)