tragica prepotenza degli estremi e modestia della costanza intermedia
una forza applicata ad un corpo genera il moto di quel corpo
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se poniamo fuori quadro lo spazio nel quale la forza si applica al corpo quello compare da un lato dello schermo lo attraversa e sparisce al margine opposto
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se proiettiamo la pellicola al contrario niente accade al moto del corpo seppure la direzione del suo spostamento sia invertita
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ciò che ricaviamo dalla clip così ritagliata dell’esperimento è che l’origine e la fine sono indistinguibili
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nell’universo quadrangolare di quella ripresa cinematografica l’origine e la fine non hanno caratteristiche distintive
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alle intersezioni del corpo con la cornice si piange o si ride alternativamente con la medesima convinzione
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resi ebeti da una nozione insufficiente a chiarire la differenza tra comparire e sparire degli oggetti sulla scena
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è teatro, amor mio, l’amore: e, pur recitando ininterrottamente come si deve, io non so mai da dove vieni e dove torni
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c’è soltanto, ogni volta, la tua veste che attraversa rapida la strada sotto i miei occhi: ma chi o che cosa ha dato vita al tuo movimento non lo so
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non ho strumenti per immaginare quali forze hanno mosso il tuo pensiero
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giro i miei sguardi di qua e di là per inseguire l’azione che la coscienza ininterrottamente registra
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ma da quale lato del quadro o, che è lo stesso, da quale versante del tempo vieni e vai, mi è totalmente ignoto
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così il cuore alterna i battiti e ogni cellula insieme nasce e muore
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se si guarda bene il grado di cecità che usiamo nella spiegazione troppo sbrigativa del mondo, nascere e morire di amore e conoscenza si sovrappongono
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ed è per questo che ogni sentimento, essendo mosso da una forza ignota, al suo nascere e morire ha un uguale tragica prepotenza
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l’inizio essendo terrore della fine e la fine nostalgia del proprio nascere…
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ma amor mio, al sicuro trai due estremi, con colpevole modesto sentimento, certo di noi, a tutt’oggi, io… di amarti non smetto!