qualunque cosa ‘cazzo’ e ‘pazienza’ vogliano significare
Tra il cazzo e la pazienza non si deve scegliere. Sono inscindibili essendo la pazienza l’estenuazione dell’altro termine che agisce in progressi in incisi in stadi di avanzamento convincenti intimi celati obbligatoriamente sotto strati di densi rossori e sete inestinguibile e sollevazioni toraciche.
Tanto bene fa il benfare che nessun sollievo all’esperimento si vuole e viene da qui alla mente la pazienza che aspira fiotti d’acqua e irrora il fluido ossigenato addosso alle pareti del proprio specifico termine di riferimento i cui sospiri soffocheranno alla fine sotto il lussuoso manto epiteliale dell’organo differente e complementare coetaneo di centinaia di migliaia d’anni d’età.
La quasi perfezione del progetto anatomico esclude la fatica e il cazzo impone la pazienza riproponendo in rilanci multipli l’ipotesi plausibile di successivi domani senza noia.
Tanto ben pensati organismi instancabilmente si oppongono infatti al tempo sempre uguale e alla minaccia della fine che il tempo propone come la coda velenosa di uno scorpione.
E sfidando la morte insieme a chi è d’accordo a unire il sesso al tempo si familiarizza sospirosi con l’ipotesi dell’esistenza di dio.
Si tratterà di finire in lui e morire di piacere per porre fine alla pazienza con la vita. Di patire insieme l’inesauribilità della gioia immaginata il primo giorno. Di intendersi, ridendo, come fosse sempre adesso.