di fronte a chi parte
Chi parte diventa immediatamente parola. O figura. Ombra. Zero. Orma sulla sabbia. Numero mancante. Calcolo nostalgico.
Chi parte, immediatamente diventa pensiero poi un gesto trattenuto: si sta con il corpo proteso in avanti come per fermare l’amato bene ormai lontano.
Chi parte mette in moto la nostra vita verso un vuoto. La risucchia nel vortice d’aria di un’auto sparita nel buco prospettico dei duecento all’ora. L’amore si avvale delle stazioni e dei gran premi con le loro partenze brucianti.
Chi parte fa di noi motori letterari. Ingegneri dello spazio rarefatto. L’edificio cerebrale vibra scosso dal ricordo di una flotta rombante di baleniere che lasciano gli ormeggi. Riflessi di un viatico siamo.
Chi parte è una divinità da implorare. Perché la distanza che determina ci santifica e ci illumina: guardaci adesso schiariti dalle luci del luna park degli addii. Siamo tutti parole rombanti in mente.
Si sciama tristi e spavaldi. Non sono permessi dubbi nel muoversi tra le cose. L’unico modo di dubitare senza tremare sono le aule della ricerca.
Nel soggiorno dell’edificio quotidiano, da una poltrona condivisa, l’altro, rimasto solo come noi, prova a parlare.
Noi altri, doloranti privi di ogni residua possibilità redentrice di giudizio, esploriamo l’aria mossa dal fiato delle parole.