mai più
Per pochi oboli nella agorà si può comprare una copia delle opere di Anassagora che sono una crepa nel muro di ottusità.
“È se. È quando.”
“Non ne posso più”.
È un più che vuol dire mai più, e per sempre e d’ora in avanti. E l’impazienza di sapere sbuca dalle fessure.
Per pochi oboli si può comprare tutto Anassagora. La filosofia della natura. Anticipata alternativa a quello che verrà che sa di morte e marmi gelidi. È se. È quando.
“Non ne posso più”.
È sempre. Ogni volta.
“La libertà è un ideale intermittente. L’ uguaglianza invece è una necessità che si ripresenta continuamente come la fame.” (Toqueville… non ricordo dove…)
È sempre. Ogni volta. È se. È quando.
“Non ne posso più”.
Leopardi l’islandese a colloquio con l’infinito. Ma è lui infinita natura. E magari, a capirla tutta quella maestosa mesta impazienza, saremo noi natura d’Islanda.
Quando ti dico noi chiamo dalla parte del mare nebbioso. Invidioso, come sempre, dell’intelligenza dei narratori. Lo sentì anche tu quel loro vagabondare via?
Che c’ entra l’ Islanda, dici. Ma è chiaro: è ogni frammento fertile in cima al gelo. È il banchetto del venditore delle opere di Anassagora nall’agorà meridionale.
“Non ne posso più”
“Amo esclusivamente gli impazienti”
Ho provato fino a qui a scrivere un sogno. A scrivere pensando come stessi dormendo. Perché non sogno mai. E ho voluto, coscientemente, scavarmi un varco nel muro. Scrivo per arrivare a dire di te.
Lo svolgimento della scrittura determina il fenomeno per cui il prima muore alla fine. Tu sei la crepa nel muro. La natura. Lascia le parole come le ho messe. Conserva il testo così come è. Comunque si voglia interpretarlo non muoverti.
Leggi le righe della scrittura come linee della mia mano che prima di te non mi si apriva più.
Categoria: Asia