Lo smeraldo del sultano

7 Novembre 2016 Lascia il tuo commento

http://www.millenuvole.org/Arte/Picasso-nei-quadri-di-luce-di-gjon-mili

Ho iniziato presto. Se così si può dire. A cercare. Tra l’erba alta del campo. Primo mare, se si può capire cosa intendo. Esercitavo stili diversi di ora in ora. Ad ogni decisa variazione di luce. Un terrazzino come la tolda di una nave. Abitavo un condominio modesto. Una navicella anomala -perché era solo un parallelepipedo di quattro piani- in perenne navigazione a/traverso gli oceani che mi separavano quotidianamente da Indie e Americhe di volta in volta riemergenti in angoli differenti.

Poi precoci prove di resistenza mi impedirono eccessivi ottimismi per cui ben presto mi preclusi da solo, seppure non a causa mia, traguardi successivi, mondi ulteriori.

Molto del sogno mi cucì una rete di sicurezza. Il resto potei usarlo per completare le campate provvisorie di un ponte che portava via da là: dal presente inquieto che trascorre sotto le scarpe degli adolescenti.

Il tempo non ha ancor’oggi esaurito nessuna questione che già allora era stata messa in ballo. L’orizzonte si mostra pieno di figure danzanti. Il giro del mondo continua intorno a noi e, d’altra parte, chi l’ha detto che si sarebbe arrestato ad un battere di ciglia.

Gli uccelli sul mare oltre il parapetto del galeone, la sera, prima di ammassarsi tra i rami del grande albero davanti alle calate dello scafo, compongono quadri puntinisti. Ampi disegni di un dio impressionista che forgia figure illusorie, minuscole “V” gettate generosamente tra i campi di nuvole. Una sémina capovolta di voci sotto il cielo.

I sogni scendono su di noi come la manna. La somiglianza della vita con un viaggio biblico si ricompone nella più modesta giostra di seduzioni fatte di promesse a termine per gli incontri di domani o tra pochi giorni.

Fuori dall’infinità sta la gioia dei compleanni la festa delle stelle cadenti sul mare, sotto la pergola fiorita delle lampadine di Luna Park.

Fu là, la prima volta, che ebbi in regalo la sua mano nella mia. I polpastrelli premuti al suo palmo rovente erano direttamente collegati alle aree cerebrali del pensiero sconosciuto di una speranza legata al corpo. Nasceva la pretesa di una nuova forma di esaudimento.

Basta che una cosa sia in noi, in noi ben viva, ed essa di rappresenta da sé per virtù spontanea della sua stessa vita…“.(*)

Quando trovai questa manciata di parole lo stormo di figure alate si sollevò dal campo marino. Dando vita ad una ulteriore ricerca. I traguardi preclusi mi parvero compiere una barricata di mobili ammassati, gettati in strada dalle finestre delle case per un uso migliore che quello di arredare il chiuso. Eri tu nuda sotto le stelle una barricata. Un evento cubista di morbide movenze e spigolose pretese. “Ancora… ancora…”

La cura fu come il sonno dopo le corse accalorate per tutte le strade della città. La crisi dell’identità borghese. Non del tutto una falsa identità. Una forma inconclusa che conteneva comunque un’idea. Sotto gli strati della corazza dell’io razionale cosciente una possibilità remota di comprendere un riscatto. Senza vendetta. Cominciai a scrivere a chi avrebbe potuto somigliarmi. Uno già migliore di me. Uno o una che già era in giro libero dai compiti di studio.

Come ogni pomeriggio di sempre attualmente porto a termine traduzioni e espressioni con diverse incognite: il senso rivelato del testo non più estraneo si lega al numero che risulta dai calcoli e la soluzione temporanea del compito attuale lava la strada di fronte. Il riflesso verde smeraldo dei numeri e delle parole sull’asfalto mi sembra di nuovo un mare.

In questo ondeggiare di ricordi e presente si svolge il pensiero. La rete si scioglie in una sostanza di diversa composizione. Corazze, barricate, i lampi delle artiglierie, le grida di opposizione definitiva, le ferite mortali, i canti rivoluzionari li porto sempre con me in una sintesi di colore. Tengo di conto un lembo di stoffa rosso porpora. Sangue e conchiglie. Non so distinguere i contributi di medicina e di storia che fanno il linguaggio dell’interpretazione. Ma poi, al fondo, l’interpretazione ora è semplicemente un modo di stare al mondo su un mare d’erba: forse siamo il sogno di uno scarabeo sacro che percorre una pietra di smeraldo. Ornamenti sognanti al dito di un sultano pingue e distrattamente sorridente.

Il senso della vita si addensa nell’accordo con le poche persone che amiamo.

note:(*)”I giganti della montagna” di L.Pirandello come citato da M.Fagioli alla conclusione di “Istinto di morte e conoscenza” -l’Asino d’oro edizioni)


Tag: , , ,

Categoria: ,

La collana rossa
la relatività generale

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.