lascia che le mie mani riposino

30 Aprile 2019 Lascia il tuo commento

E così molte cose vengono fuori o alla luce. Non sono cose dell’inconscio che vengono alla coscienza -cioè che possiamo pensare tradotte nelle forme del pensiero verbale- cioè ‘oggetti’.  Succede che siano segni evidenti di come la sostanza del ricordo imprime una forma a quanto è visibile del soggetto.

L’inconscio spinge. La coscienza prende la disposizione che prende. È quella mistura di fondo che modula il corpo alla luce il quadro che ritrae l’umanità di base.

È pittura su tele di barche. Tele di veliero che coprono le merci nelle stive: non vele bianche. Cotoni grossi grezzi odorosi di catrami e olii di porto.

Cose che non conosciamo sotto le dita. Le dita di donne cieche alla fine della speranza che esse muovono sui rosari. Opposte alle dita nuove dei neonati, che da subito contano, in granì d’orzo secco, i minuti e le ore iniziali.

E come l’uomo vittorioso ma esangue (in modo preoccupante..) diceva ad una nuvola simile ad una donna “io ti adoro e non dico no e non dico basta e sto qui come dopo una vittoria il cui affanno è una ricompensa…” così i neonati vivono.

Nella stessa stele della vittoria ma saldi e caparbi, vivono i neonati appena al mondo. 

Le parole scritte qui sopra vengono dalla prima ora di vita.

Appena il neonato ha imparato che l’affanno di una nascita è la ricompensa. 

Può essere che certe parole senza intenzione narrativa ricalchino le tracce di suoni che le mani neonate evocarono dalla tessitura del seno materno su cui furono lasciate riposare?


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