l’arto fantasma di un amore assente
L’amore che non ho avuto è un arto fantasma. Aaaaah che duole giù nel buio del letto. Una vita sprecata che invade di crepe scheggiate la vita che resta. Il Furtivo. Il Sottrattore.
Gambe e braccia fantasma sono progetti falliti. Arti protési illusionisticamente in fuori. Parti di me strappate al futuro.
A volte un rapporto corregge la rappresentazione. La presenza incarna il vuoto del quasi nulla di aspettative troppo timide.
Se devi individuare un merito dici che è stata la puntualità di lei che ha ricondotto la mandria ruminante del tempo nel recinto di idee plausibili.
Il margine che circoscrive queste frasi nuove è aleatorio. Non trovo la verità sul bordo. Ma con una nuova visione mi incammino a traversare.
Dunque, alla fine, si è alzato il canto sublime di un amore possibile. Una colonna si generava dalla terra. Bruno e bianco mischiati. L’illusione di un arto che non duole. Simile nella forma cilindrica.
Il benessere si è imposto per somiglianza. Emergenza e soccorso. La sirena di un miracolo graffia il foglio. Il chiaroscuro riempie l’amputazione.
L’amore incarna l’arto mancante. Posso strofinarci la medicina. Incidere. Grattare via il bruciore. Curarmi crudelmente. Vendicarmi dell’assenza.
Tutto è bene a questo punto. Anche la pretesa di non tornare più indietro. Tanto chi non ci ama ci metterà sempre in difficoltà. Senza volere.
E allora come potremo presentarci in società neri di vergogna provocata da quell’imbarazzante superflua infelicità.