l’amore prima dell’amore: una ipotetica premessa per non morire.

16 Agosto 2022 Lascia il tuo commento

Mi sveglio con il dolore della mancanza di te, supero le ombre della camera per traversare la casa il giardino e la mappa stradale tra casa e il bar, fino a che arrivo s riposarmi qua, al fondo degli archi, mentre gli occhi colgono la luce estiva generosamente diffusa e le gambe si arrestano sulla bella seggiola bruna dopo avermi sostenuto una intera vita nello spazio curvato dalla gravità.

 


Forse sono le ombre della siepe sul marmo dei portici a suscitare una più acuta mancanza di te. Forse è il nero dell’ombra sul candore di marmo immacolato che ora mi fa venire in mente l’ossessone del piacere della mia mano sulla tua spalla scoperta al sole.

 

È indispensabile, alla (conoscenza della) vita mentale, scoprire quello che succede quando sparisco dietro l’angolo e improvvisamente non ci sei più e io divento pensiero di te. In quel momento c’è evidentemente una trasformazione.

 

Prima ero io di fronte a te, ma, appena sparita alla percezione, divento il pensarti. Né si devono dire le molte sceneggiature in cui ti coinvolgo: roba da bassa psicanalisi, o, ma è uguale, filmografia di serie C.

 

È che, oltre l’apparenza di una alternanza di sviluppi più o meno incoraggianti per l’amore in gioco, di fatto per un certo tempo, non siamo più noi due. Ci sono solo io cioè il modo come sono capace di essere da solo.

 

Ma stavolta da tanto sei via che  qualcosa di differente dal solito mi si è avviato in testa. È la vicenda di un incremento, il disegno di linee architettoniche necessarie a sostenere le forze sentimentali in gioco riconducibili tutte alla prevalenza di te in me ogni volta che l’assenza fisica ha perso le figure e ha generato l’immagine di quanto rimane che ha una grande forza ma non ancora (forse mai l’avrà) la parola di un nome.

 

L’indagine sul pensiero non è comunque più psicologia. Non l’inerme esercitazione intellettuale che si riduce a fenomenologia del dolore.

 

Come un artista vedo. È l’unico modo per cogliere il movimento del pensiero lungo linee di contrasto di luce e buio e su superfici di contatto e separazione tra volumi non conciliabili. Il pensiero  si allontana da te come dalla filosofia dell’essere di un ‘ente’, e viene consolato poi attratto dalla scienza in divenire delle costruzioni.

 

Ho perduto l’umile dolcezza, da tanto che il sogno s’è voltato nel ricordo ai risvegli che sono gli unici momenti in cui dimenticavo ch’eri partita. 

 

il dolore della mancanza, com’era una volta, si è trasformato e, posso azzardare, ha dato vita, ad una idea di noi che lungo le vene del braccio genera il disegno di una nuova abitazione. Vivere in spazi inesplorati.

 

Ma è di più. Non si risolve l’immagine in figure.

 

Il pensiero di te è diventato addirittura inclinazioni appena accennate del tronco sopra il tavolo. Gli umori continuamente variabili, dal fervore alla rassegnazione, in relazione alla tua perdurante assenza, sono fluiti in minime variazioni d’angolo del torace che respirando assicura il cuore al suo posto per mantenermi teso alla scrittura.

 

Disegno architettonico che mostra il movimento anti-romantico del pensiero. La punta acuta della nostalgia disegna una idea di casa che era impensabile. Nella quale il dolore della distanza protratta muore nella bellezza di estreme asimmetrie che rendono sostenibile il divario irriducibile tra di noi.

 

Alla fine io sono il profumo avvolgente del caffè, le tazze che battono mentre vengono riposte sui ripiani, le voci confuse delle persone, la fronte che riposa sulla mano e le parole che, dal foglio dove le ho versate, tornano in mente attraverso gli occhi, come segni approvati da una commissione di accademici esosi.

 

Tu da troppo allontanata da noi regali un corpo all’assenza che si fa mia assidua nutrice. E sussurra la favola inaudita dell’amore che è prima dell’amore. 

 

”C’era un lui, senza lei, lontano e vivo.”

 

 


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