la mia foto sul tuo comodino

21 Novembre 2018 Lascia il tuo commento

Sono l’osservatore ultimo? Privilegiato? Eehhh mi sa di sì vista la mia foto sul tuo comodino che balza agli occhi nel fuoco della prospettiva.

Per l’assioma della proiezione e del transfert la figura lucente nel gel tipografico, verde mare contro il mare, è un io/te. Un me versione di te però abbellito dal tuo essere innamorata. 

Non io. Nella foto sta la grazia del tuo sguardo e quei tratti di me sono frutti pendenti dai rami di ciliegio intrecciati sulla testata del letto.

Quell’intreccio è la tua mente di legno dolce gravida di possibili me. Ognuno una variopinta sciocchezza che la vita ti suggerisce.

Poi arrivi piena di voglie. Io dal mio punto di vista è questa te che adoro. Con illusioni/matite pitturi la Tempesta sulle pietre. Provocante idea di un rinascimento attuale.  E mi metti dentro la tempesta che arriva.

Una te/me accorrente come acqua nelle rinomate fontane. Penso io. Rovesciando il mondo. Raccogliendo la provocazione in un mare. 

Se ridi sistemandoti i capelli blu scuro nel cappuccio del montgomery mi approprio di te. Ma so di non poter prendere niente.

Per questa limitazione che scopro in amore capisco che sempre, tutti, al cospetto degli altri, restiamo dietro la foto al vertice prospettico della via monumentale delle loro attese. 

A sostenere il mondo di là da venire. A consentire la plausibilità dell’universo della speranza collettiva di futuro. Il mondo riflesso nello specchio della generale passione per la vita.

La vita si è rivelata una cosa fragile quando ci siamo accorti che -senza il lavoro* di ciascuno per tenere viva la luce dei nostri ritratti che un altro ha posto accanto al proprio cuscino dove posa la sua testa sognante- si spegne in un lampo sordo.

nota(*): non è lavoro nella accezione della teoria marxista. 


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