il garbo elusivo e patetico dei numeri immaginari
L’eternità è inestesa. Usura le cose che assumono l’inerte trasparenza di nuvole polari. Così smettemmo di contare i giorni.
“Con una modica cifra di passi possiamo comprarci la città. Con mille lire d’un biglietto di volo la nazione intera. Coi risparmi d’un anno la trasvolata oceanica. E con gli ultimi tre anni di lacrime tutto un razzo che buchi il cielo e non se ne sa niente.”
In effetti, a pensarci ora, l’amore è aritmetica dei libri ma(e)stri sparsi per il mondo, economia di corpi sotto la riga rossa dei bilanci, contabilità degli azzardi e finanza sentimentale.
Si passeggiava ieri tra le antiche strade a espugnare la rocca mentre si contava il numero di ore che il tempo dell’amore ruba al sonno e si misurava l’estenuazione della camminata e ci si domandava il peso d’una parola e il fattore di moltiplicazione che è l’indicibile e che estensione ha l’area del silenzio sommersa da mille tonnellate d’acque dilaganti e quale sia l’esatto numero dei chili di peso della lievità e dove arriva il picco di frequenza d’uno sciamare d’api e quanti gradi perde il calore del lago nell’alluvione che copre la foresta.
E andando per le strade del paese, davanti alla vetrina d’un negozio d’aste, ci si è ritrovati riflessi in specchi addizionali dai quali, come un’Eco, ritornava il totale che era un 2 più qualcosa d’un conto inestinguibile.
“Non torna il conto perché non torna il tempo”. M’hai detto. “E l’amore è un’aggiunta.”
Esposti nel riflesso della vetrina all’incanto di offerte di abili matematici, restammo l’intera notte in una posa imprecisa per ricreare insieme il garbo elusivo e patetico dei numeri immaginari. Che ci avrebbe salvati.