differenti stimoli
Volevi far finire l’applauso. Ascoltare tutto. Forse, addirittura, restare anche dopo che il clamore riconoscente che quelle mani innalzavano turbinoso nell’aria dell’auditorium si era spento lasciandoti frastornato nell’aurora evocata dalle conclusioni dei convegnisti.
Allora avresti giurato che lo stimolo dei suoni era l’unico stimolo possibile. Una cosa che andava dall’esterno fino a te.
Ieri hai guardato un filmato dove una voce si fondeva al volto di uno con grattacapi seriosi ma senza alcuna sincronia: quello era addirittura muto. Bocca chiusa, precisamente. Ma dici che ti ha suscitato ricordi intensi, una certa soddisfazione. È che ero io l’uomo e mia la voce. Tu hai messo insieme le cose e hai generato lo stimolo. Hai generato un legame di qualità amorosa tra voce e volto e tutto si è amplificato. Senza quel legame la cosa avrebbe avuto molto meno potere emotivo. Ma quel legame lo hai aggiunto tu dall’interno.
Poi è venuta l’idea che ci sono stimoli non percepiti. Che la certezza dell’altro a prescindere dalla sua presenza fisica è lo stimolo. Che la certezza della realtà si genera come idea di esistenza di certe qualità.
Così di uno che ascolta dici:
“Prende i suoni della voce dalla mia gola.” E la qualità diventa una figura di cosa che viene a ricevere le cose in noi. Ma non c’è niente che arriva davvero a colpirci.
È così che si genera il sogno e la conoscenza di quanto, ancora, non c’è?