dicono
Dicono.
Dicono.
Dicono che t’ amo?
Non ne parlano.
Dicono di quelli che odiano.
Non dicono di quelli come noi.
Non parlano mai dell’amore che potrebbe essersi costituito.
Non vedono.
La cecità è di per sé un modo di odiare.
Uguale al fatto che un modo di odiare è tacere la bellezza.
Scrivono di noi?
Non scrivono d’amore mai?
Negano la luce.
Senza sole i loro taccuini hanno pagine bianche che sono specchi di campagne sterili.
Noi invece.
Noi superbi di aver superato vergognose timidezze parliamo subito prima di qualsiasi esperienza a cui ci accostiamo curiosi.
Parliamo della mentalità delle iniziative.
Parliamo della libertà che precede tutte le decisioni.
Tra correnti d’aria nelle chiese suburbane di latta e cartone evochiamo l’indifferenza degli artisti.
Adoriamo quegli antenati vaganti.
Mi disegni, come fossero armi, gioielli di ferro e pietra da indossare.
Vado fuori con quelle frecce e quegli scudi addosso.
Vesto le tue carezza sul mio corpo che conservi antico ma non più vecchio: che solo tu potevi ideare questa maliziosa variazione semantica che rende eterno un bacio prima di andarmene da te.
A volte ti devo abbracciare per scaldarmi.
Allora conosco la voglia che nasce sulle dita.