coscienza

11 Maggio 2012 Lascia il tuo commento

 

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Una stanza piccola con i suoni in una cassettina su un tavolo basso quadrato. Le casacche dipinte delle ragazze senza parole con le mani composte sulle ginocchia nella mimica degli addii. Le sciarpe vaporose che poi vennero immancabilmente dimenticate sulle poltrone come se non fosse vero che volevano andare via per sempre.

Oggi all’apertura della scatola dei suoni assiste un Collegio Notarile perché  ogni parola può essere l’ultima. Siamo io, le sciarpe sui braccioli delle poltrone, gli uomini in abito scuro: niente altro. L’apertura della scatola è un volo di farfalle perché le parole erano diventare bozzoli e ora hanno completato il giro dell’arcipelago di Babele. I Notai del Collegio si allontanano. Nessuno ha detto una parola. Di diverso ci sono questi velieri in aria. Gli oggetti nella scatola non erano morti. Ogni cosa è illuminata adesso.

Per trenta anni avevo cercato le armoniche di terza e di quinta. E la stanza senza distorsioni. Ora l’ho trovata attraverso una serie di esclusioni e distacchi che sono stati facilissimi. Senza dolore e senso di colpa. Ero sempre stato circondato da un Collegio di Notai in abiti severi, con personalità orientate a esprimere una serietà minacciosa. Questo penso adesso. Non ne ero cosciente.

Non è cosciente quanto è accaduto. Quando il suono è volato sotto forma di farfalle colorate si è vista soltanto una contrazione, il guizzo lucente sotto la pelle della gamba sinistra fasciata dalla gonna che era rimasta là dove si era fermata dopo essere scivolata indietro di pochi centimetri nel gesto di sedersi. Due ore prima.

 


cremagliere
ricerca di una stanza dove sentirsi bene

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