città bunker
“Quando al secondo anno affrontammo il funzionamento dei meccanismi di difesa e scoprimmo, con stupore, la forza di quella parte della nostra psiche, cominciammo a capire che se non fossero esistite la razionalità, la sublimazione, la negazione -tutti quei trucchi che ci concediamo- se invece avessimo osservato il mondo senza alcun strumento di difesa, con onestà e coraggio, ci sarebbe scoppiato il cuore.
Durante queste lezioni scoprimmo che siamo costituiti di difese, di scudi e armature, che siamo città con un’architettura fatta da mura bastioni e fortificazioni: praticamente degli Stati bunker.
Ci sottoponemmo l’un l’altro a test, questionari ed esami di ogni tipo, e dopo il terzo anno di università riuscii a dare un nome a ciò che mi faceva stare male; era come aver scoperto il proprio nome segreto con il quale si affronta un’iniziazione.”
(“I vagabondi” – Olga Tokarczuk – Bompiani 2019 – pag 15)